Cure palliative: modello organizzativo e potenziamento della rete di assistenza

L’assistenza ai pazienti in fase terminale ha assunto, da tempo, particolare rilevanza e ricevuto specifica attenzione attraverso interventi normativi e d’indirizzo finalizzati a promuovere le cure palliative.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha così definito le cure palliative: “l’assistenza attiva e globale ai pazienti la cui malattia di base non risponde più ai trattamenti curativi specifici; l’obiettivo delle cure palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita possibile per i pazienti e per le loro famiglie; è fondamentale affrontare e controllare il dolore, gli altri sintomi soggettivi del paziente e le problematiche psicologiche, sociali e spirituali nel rispetto della dignità ed autonomia decisionale dei soggetti presi in carico ”
Secondo l’accezione così definita, le cure palliative devono farsi carico di alleviare il dolore e gli altri sintomi soggettivi che affliggono i pazienti, affrontare anche gli aspetti psicologici e sociali, prendersi cura non solo dei pazienti ma anche delle rispettive famiglie.
Secondo le raccomandazioni del Consiglio d’Europa, ogni persona in fase terminale ha il diritto di accedere (essere affidata) alle cure palliative.

Le patologie che più frequentemente presentano una fase terminale, tale da abbisognare di un intervento di tipo palliativo, sono quelle oncologiche – e le stime del bisogno di assistenza palliativa vengono solitamente calibrate sui dati relativi ai pazienti affetti da neoplasia – ma l’assistenza palliativa può essere indicata anche per altre forme patologiche, quali Aids, malattie cerebro e cardiovascolari, malattie del sistema nervoso centrale e dell’apparato respiratorio.

Va anche segnalato che, nella maggior parte delle esperienze, la reale richiesta d’accesso ai servizi di cure palliative risulta inferiore a quella epidemiologicamente prevedibile, in ragione delle alternative assistenziali possibili e disponibili (es. ricoveri ospedalieri) ancorché inappropriate a garantire la migliore qualità per la vita residua.

L’affermarsi del prefigurato nuovo approccio alla sofferenza ed alla morte ha bisogno di un nuovo atteggiamento culturale, di risorse umane, professionali e strutturali dedicate, di una formazione mirata a preparare operatori capaci e sensibili, di modelli organizzativi condivisi, partecipati ed efficienti.

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